Michele Carrea si racconta: il primato dell'Angelico e tante altre storie
- Michele Carrea: un anno fa l’Angelico Biella era ultima in classifica, ricorda?
“I risultati sono figli di tanti ingredienti, sono fortunato ad essere in un contesto capace di valutare le cose e valorizzare il risultato oltre il breve periodo. Si tratta di stagioni molto differenti e non vanno sovrapposte: sarebbe ingeneroso nei confronti di chi c’era l’anno scorso, ed ha compiuto un grande sforzo per rimettere in piedi una stagione complessa”.
- Con una squadra ultima in classifica c’era anche il suo allenatore, giovane ed esordiente.
“Il lavoro va sempre valutato e con questo anche gli allenatori. Guai se non accadesse. Il lavoro però non è solo la singola domenica, ma ciò che si fa in un contesto. Ed è importante che questo sappia capire le priorità, valorizzando le risorse. E così l’allenatore, di conseguenza. Io devo solo ringraziare Marco Sambugaro che mi ha voluto a Biella”.
- Un anno dopo: Angelico prima ad Ovest e prima a qualificarsi per la Final Eight di Coppa Italia.
“La Coppa Italia è vita o morte ad ogni partita. Un contesto cui sono poco abituati gli allenatori e gli staff. Come l’affronteremo? Conterà molto la condizione fisica e l’aspetto emozionale. Sarà un’esperienza magnifica, cercheremo di onorarla al meglio”.
- Sarà il primo confronto stagionale tra Est ed Ovest.
“Lo scorso anno l’idea fosse di un Ovest prevaricante sotto il piano tecnico e fisico. I risultati furono, alla fine, opposti. La verità la si scopre solo sul campo, quando si è uno davanti all’altro”.
- Il vostro record attuale è 10-2, vincendo in tanti modi diversi, anche in rimonta, anche nel punto a punto. Si può pensare che sappiate a chi dare la palla, Ferguson ed Hall, ma non è propriamente quanto accaduto.
“Lo staff lavora quotidianamente sulla divulgazione della fiducia. Io ricordo Wheatle decisivo contro Ferentino, Tessitori con Rieti, De Vico a Tortona. Ci si ricorda la giocata decisiva, io penso che ci si arriva perché c’è stato un grande sforzo difensivo e gli italiani in questo hanno un ruolo-chiave. Se dovessi identificare un obiettivo per il 2017 è la continuità nella durezza difensiva e nella solidità a rimbalzo. La qualità della nostra stagione passerà da questo”.
- Tempo fa dichiarò: “Sono lontano dall’essere un allenatore esperto, ma anche dall’essere un allenatore sazio”. Probabilmente neanche Ettore Messina è sazio.
“Purtroppo la nostra professione costringe a guardare troppo al breve termine, perché è ciò che paga. Ma a fianco, ben chiusi nel cassetto, tengo i miei sogni. Io ci metto fame e desiderio di emergere, come ad esempio fanno due come Lorenzo Pansa (Moncalieri) e Davide Villa (Desio). La differenza con loro è che io ho avuto un’opportunità. Ma ce ne sono tanti come loro, con meno visibilità e passione identica alla mia”.
- Chi sono gli ispiratori del suo percorso di crescita tecnica?
“Andrea Zanchi è un maestro del lavoro settimanale. Cesare Riva è quello che mi ha avvicinato al professionismo. Ho lavorato con Calvani, Crespi, Sacco, Lottici. Io credo che un allenatore diventi un buon allenatore quando sa abbinare l’esperienza alla sua identità. A come sono oggi, ma anche a come sarò domani, cioè diverso. Ma se devo indicare un allenatore su tutti, per capacità ed approccio, la mia ammirazione va a Carlo Recalcati”.
- Campione d’Italia con l’Under 19 a Casalpusterlengo. L’età più critica, passare da under a senior. L’ha vista da vicino, capita che alcuni si perdono. Come va evitato?
“A Casalpusterlengo ha funzionato perché la società ha investito risorse sull’accompagnamento a questo percorso, delicato. Con ragazzi come Donzelli, Spissu, Vencato. Non vorrei essere equivocato: il giovane non va giustificato o gli devono essere concessi bonus. Va però nutrito di energìe per affrontare le sfide, individuare il nemico, batterlo. L’ho fatto da assistente, da capo allenatore cambia perché devi rendere la squadra performante e da subito. Ed allora si tende ad allontanarsi dai rischi. Nel mio lavoro, e nei miei rischi, mi aiutano un materiale umano di qualità ed un Club che mi è vicino”.
- Perché Carrea, milanese di 34 anni, giovanili all’Olimpia, ha iniziato ad allenare?
“Amavo giocare, ma ero scarso. Sono cresciuto in una palestra ed ero desideroso di restarci dentro. Mio padre è stato decisivo, appoggiando scelte che potevano essere azzardate. Ai giovani allenatori dico di provarci, sempre”.
- Prima di Biella, assistente a Casalpusterlengo. Ma in realtà la domenica, in piedi davanti alla panchina, c’era molto spesso lei. Come nella finale playoff del 2014 con Mantova.
“La qualità del lavoro settimanale di Zanchi non aveva bisogno di scenografie domenicali. Mi delegava la sfida perché le idee erano condivise. E la squadra lo sapeva. Non può essere un modello, ma tra noi funzionava”.
- Un flash: primo quarto con Tortona, derby tra prime in classifica, Mike Hall che non prende un tiro nei primi otto minuti. E non fa una piega, anzi incoraggia i compagni
“E’ l’immagine della differenza che passa tra un percorso ed un tentativo. Hall ha un clamoroso talento offensivo, secondo me è il miglior passatore del campionato, ed è un 4 che nonostante fisico e chili cambia sulle guardie. Legge il gioco prima degli altri e domina i rimbalzi. Ma ha capito che tutto quello che può fare per la squadra ha un enorme valore. Se poi ci regala un fadeaway con la mano del difensore in faccia, beh è Mike Hall”.
- Entra in spogliatoio, ora: ha Ferguson, Hall e sette giocatori tra i 18 ed i 23 anni.
“La frase più banale è che sono tutti uguali, tutti giocatori. E’ teoria, che vale, ma poi c’è la pratica. I giovani devono avere le loro responsabilità, in base al ruolo. Ci sono situazioni nelle quali Wheatle deve avere la palla in mano; o Pollone difendere sull’esterno avversario più pericoloso. La squadra lo sa. Ma anche qui c’è un percorso, oggi giocano e ieri erano già l’11 ed il 12 del roster”.
- Chi è Carl Wheatle?
“Un ragazzo con grande forza mentale rispetto alla sua età. Non parlo di un estro folle, ma di solidità ed equilibrio, uno che sa elaborare gli errori e godere dei successi in modo pacato. Ha qualità fisiche rare e margini di crescita enormi. Sa che solo la grande continuità trasforma un giocatore in un ottimo giocatore”.
- L’Under 18 di bronzo agli Europei, in dieci del roster fanno attività tra Serie A2 e B, chi se ne giova di più?
“Il basket di livello internazionale è un’esperienza importante da vivere e che poi ci si mette nello zaino. La costruzione di un giocatore è un mosaico, questo bronzo sarà per loro una tessera che acquisterà un senso compiuto se sarà messa accanto alle altre, altrettanto necessarie”.
Stefano Valenti
Area Comunicazione LNP